domenica 21 dicembre 2008
L'alleanza Tokyo-Pechino per proteggere la Corea
Nessuna decisione concreta è stata presa che possa assomigliare ad un maxipiano asiatico (non c'era da aspettarselo). Tuttavia il summit ha sancito un accordo che invece è di una concretezza immediata: una rete di currency swaps fra le tre banche centrali che crea un dispositivo di mutuo soccorso. E' un passo importante. Dietro si intravvede il timore che questa crisi globale possa mettere in serie difficoltà l'anello più debole della neonata triplice alleanza: la Corea del Sud già da settimane subisce attacchi speculativi contro la sua moneta nazionale, fughe di capitali e svalutazioni. Né Pechino né Tokyo hanno interesse a stare alla finestra se affonda la Corea del Sud, importante partner commerciale e nona potenza industriale del pianeta. Gli accordi di currency swaps sono quindi, anzitutto, un messaggio forte lanciato ai mercati: dietro alla Corea del Sud ora ci sono le due banche centrali più ricche del pianeta. La cinese e la giapponese insieme "pesano" per più di 3.000 miliardi di riserve valutarie. Adesso quelle risorse possono essere mobilitate istantaneamente per interventi di sostegno della moneta sudcoreana.
Un altro miracolo politico è stato, se non provocato, almeno accelerato dai timori della crisi. Questo riguarda le relazioni fra la Cina continentale e Taiwan. Da oggi partono alla grande i collegamenti diretti con l'isola: 16 voli passeggeri nonstop al giorno; via libera anche al primo collegamento nonstop per i voli cargo, da Guangzhou (Canton) a Taipei; inaugurazione di rotte dirette per la navigazione mercantile fra 63 porti della Repubblica navale e 11 a Taiwan; lancio del servizio di recapito postale diretto. Prima per ragioni politiche la maggior parte dei collegamenti dovevano transitare da "zone terze", in particolare Hong Kong (che appartiene alla Cina ma ha lo statuto di Regione amministrativa speciale con molte diversità e privilegi).
Questo balzo in avanti nel disgelo fra Pechino e Taipei è un'evoluzione politica che matura da mesi, per la precisione da quando gli elettori taiwanesi hanno scelto un presidente meno apertamente indipendentista. Tuttavia la crisi economica ha fatto la sua parte. I dirigenti politici sulle due sponde dello Stretto hanno capito che in una fase come questa tutto ciò che può dare slancio al commercio estero e agli investimenti internazionali è manna dal cielo.
(15 dicembre 2008, Federico Rampini, Piazza Asiatica)
martedì 20 maggio 2008
Tre giorni di lutto in Cina
Il Quotidiano del popolo "Renminribao"
China Daily
Agenzia Xinhua
ALIBABA
Per ricordare ciò che è successo e piangere le vittime ad una settimana dalla prima terribile scossa, la Repubblica Popolare Cinese osserverà tre giorni di lutto nazionale.
Anche molte testate giornalistiche online come l'Agenzia Xinhua ed il portale di trading online Alibaba.com.cn ricordano questo terribile giorno ed hanno i colori del lutto.
Sul sito in inglese della Croce Rossa cinese vi sono le indicazioni per chi volesse donare denaro a favore dei soccorsi.
RED CROSS SOCIETY OF CHINA
lunedì 19 maggio 2008
Beijing Olympic Slogan
- tóng yī ge shìjiè, tóng yī ge mèngxiǎng
- 同一个世界,同一个梦想 (simplified Chinese characters)
- 同一個世界,同一個夢想 (traditional Chinese characters)
- 10 syllables, 8 words, 58 pen(cil) strokes (simplified Chinese characters)
- 10 syllables, 8 words, 75 pen(cil) strokes (traditional Chinese characters)
English:
- One World, One Dream
- 4 syllables, 4 words, approximately 25 pen(cil) strokes
sabato 17 maggio 2008
About free chinese font
I don't know if it's working properly.
I will let you know, if it works, you can write even in sanskrit!
Emergenza nella Contea di Beichuan - Provincia del Sichuan
Il tempo passa e le possibilità di nuovi salvataggi diventa sempre più remota, gli argini di laghi e fiumi s'indeboliscono a causa delle scosse di assestamento, un milione di persone è in stato di emergenza, quindi costretto a spostarsi verso zone collinari a riparo dalle acque.
Galleria immagini - fonte NPR.org
martedì 19 febbraio 2008
Minerale di ferro, rialzo prezzi del 65%
Le tre maggiori imprese siderurgiche asiatiche hanno concordato con la brasiliana Vale, numero 1 tra i produttori di minerale di ferro, un rincaro del 65% per le forniture dell'annata che inizierà il 1° aprile. È il primo accordo e scavalca sia ArcelorMittal, il più importante gruppo siderurgico mondiale, sia Baosteel, che rappresenta la Cina, di gran lunga il principale importatore di ferro. Ma, come sempre, il rialzo del 65% farà testo per i contratti successivi. |
mercoledì 6 febbraio 2008
2008 - L'anno del topo 鼠 shǔ
Quest'anno è la volta del topo, uno degli animali che sembrano portare più fortuna e ricchezza.
In genere topi e ratti si trovano ove c'è cibo, nelle dispense con le provviste per l'anno a venire e la loro presenza è segno di buon auspicio.
I nati del 2008 saranno del segno del topo e come elemento avranno la terra. Del segno del topo di terra troviamo Puyi, l'ultimo imperatore della Cina, che dopotutto non ha portato poi tanta fortuna, ed il nostro Vasco Rossi.
martedì 5 febbraio 2008
Milioni di cinesi senza energia elettrica
Le ultime nevicate hanno definitivamente lasciato milioni di cinesi senza acqua ed elettricità, senza pensare al bilancio di vittime dovuto al rigido inverno che ha isolato nel freddo il paese di mezzo.
Quindi ben pochi arriveranno nel loro paese natale e non riusciranno a far ritorno a casa per il Capodanno (chunjie 春节 festa della primavera).
Ogni anno in Cina in occasione della più importante festività, si verifica uno dei più significativi flussi migratori dell'umanità: ogni lavoratore residente temporaneamente sulla costa o in grossi centri urbani torna nel proprio paese per festeggiare il Capodanno con i propri cari.
Talvolta è l'unica occasione per tante persone indigenti di tornare al villaggio natale e quest'anno, sembra proprio che l'inverno , dopo aver mietuto tante vittime, abbia reso impossibile il realizzarsi di questo esodo.
Isabella Garofali
Fonti: Reuters, China Digital Times
Foto: Agenzia Xinhua, Guilin sotto la neve
giovedì 31 gennaio 2008
In Giappone scoppia una nuova «sindrome cinese»
Dai giocattoli ai cibi per animali, la qualita` dei prodotti cinesi destinati all`export ,negli ultimi mesi, ha suscitato sempre maggiori dubbi e accuse, specialmente negli Usa. In Giappone i consumatori sono particolarmente sensibili a questo tema. Di recente alcuni scandali alimentari hanno investitori produttori del Sol levante: biscotti e dolci la cui data di scadenza e` stata modificata, carne bovina spacciata come suina, e cosi` via. I responsabili di queste aziende sono stati additati a un avera e propria pubblica esecrazione, anche se non si sono verificati seri casi di intossicazione dallo scandallo del latte avariato del 2000. Ora da Tokyo si leva una domanda al mondo intero: quanto ci possiamo fidare dei cibi confezionati in Cina?
Stefano Carrer
Il Sole 24 ore
martedì 29 gennaio 2008
Anche in Giappone la recessione bussa alle porte
«Appare molto probabile che l'espansione dell'economia giapponese continuata per quasi 70 mesi a partire dall'inizio del 2002 sia arrivata al termine e che ormai l'economia sia entrata in recessione», afferma un rapporto della Goldman Sachs pubblicato venerdì, che ha contribuito a spingere in ribasso l'indice Nikkei della Borsa di Tokyo di quasi il 4% (-3,97% a 13.087,91 punti). Secondo l'economista della banca d'affari americana Tetsufumi Yamakawa, la colpa non è tanto degli effetti della crisi subprime Usa, ma di fattori interni come il crollo dell'attività edilizia (legato all'introduzione di norme più rigide) e il ristagno dei consumi. E dai consumatori non potrà arrivare una spinta che compensi il rallentamento dell'export già evidenziatosi in dicembre soprattutto verso gli States, ma anche in direzione di altri mercati che cominciano a soffrire per la frenata americana.
Finora il governo del premier Fukuda non ha fatto né promesso niente di particolare per sostenere l'economia. Ma larghi settori del partito di governo (il liberaldemocratico) hanno già cominciato a invocare che la Banca centrale torni ala politica dei tassi zero (anche per frenare l'ascesa dello yen) e a suggerire interventi sul piano fiscale (riduzione delle imposte su dividendi e capital gain). La Banca del Giappone ha confermato settimana scorsa ai tassi allo 0,5% e ridotto le stima di crescita del Pil nell'anno fiscale che si chiude a marzo intorno all'1 per cento.
L'attesa è per il vertice finanziario del G-7 che si terrà a Tokyo il prossimo 7 febbraio: secondo le anticipazioni, Tokyo dovrebbe premere affinché venga affermata la necessità di contrastare in modo collettivo i venti di recessione. E quindi perché nessuno abbia poi a obiettare se la Banca centrale nipponica dovesse tornare alla anomala politica ultra-espansiva dei tassi zero.
Stefano Carrer - il Sole 24 Ore
domenica 6 gennaio 2008
Addio Salaryman
Dagli anni novanta il mercato del lavoro in Giappone è in continua evoluzione, a causa della drastica riduzione dei benefici a vantaggio dei lavoratori dipendenti.
Fino a quel momento, i “salarymen”, simbolo dell’operosità del Sol Levante risollevatosi dopo il secondo conflitto mondiale, avevano trovato un impiego a vita nell’azienda alla quale si dedicavano completamente. Invece si sta riscontrando una vera e propria inversione di tendenza: sempre più giovani vengono assunti presso aziende straniere con contratti anche part time e ritmi di lavoro più umani. Inoltre vengono apprezzati sempre più il rendimento lavorativo, il superamento di obbiettivi consentendo una gestione del tempo più libera da parte dei giovani. Tutto questo a discapito però di una certa stabilità contrattuale. In precedenza l’azienda giapponese si identivicava con la famiglia, forniva al dipendente un salario equo alle proprie necessità e garantiva una stabilità a vita. Questa uguaglianza era riscontrabile anche nei salari, tra i dipendenti ed i dirigenti vi era al massimo un 25% di differenza, era previsto un aumento con l’avanzare dell’età ed una pensione consistente pagata in parte dallo Stato ed in parte dall’azienda. Successivamente alla Seconda Guerra Mondiale, per ricostruire il Giappone, fu richiesto un enorme sforzo, che però garantì la ripresa economica, per questo motivo le aziende chiedevano in cambio fedeltà ed abnegazione. In genere si lavorava fino a mezzanotte, per riuscire a dormire al massimo 3-4 ore per notte. I giorni di ferie previsti all’anno, circa 20 giorni, non venivano mai adoperati, se non in misura minima, per non avere poi in seguito difficoltà nel chiedere un aumento e per evitare di non essere al passo degli altri colleghi. Il vero e proprio nucleo familiare accettava questo compromesso in cambio del benessere e della sicurezza economica, le mogli attendevano pazientemente i loro mariti ed era loro compito prestare attenzione alla salute del coniuge come dovere nei confronti dell’azienda stessa.
Questo discorso non rientra però nell’attuale atteggiamento di maggiore produttività, in precedenza si dava più importanza alle ore di servizio prestate e non alla qualità del compito svolto. Questo sistema egalitario però si basava anche su una società e su un mondo che è notevolmente cambiato: gli alti stipendi un tempo servivano a pagare le università dei figli dei dipendenti, mentre oggi , una volta superato l’esame di ammissione, i corsi veri e propri risultano una passeggiata.
I giovani scelgono le aziende anche sulla base di una maggiore versatilità degli orari di lavoro e le donne non sopporterebbero più di veder tornare così tardi i propri mariti a casa ed anzi, essendo ormai anche queste parte del mercato del lavoro, spesso sono proprio loro ad avere l’esigenza di contratti part time o con orari flessibili.
Quindi possiamo ormai trovare molte caratteristiche del mercato lavorativo giapponese anche nel sistema occidentale, come se la figura del dipendente nipponico stesse cambiando identità. Ormai i vari signori Matsushita e Toyota, saranno soltanto un ricordo, come anche i gruppi di manager che si attardavano nei locali a bere del sake. Come anche il modello di produttività giapponese, sarà messo da parte per un sistema più meritocratico che egalitario.
Cambierà anche la nostra visione del Paese del Sol Levante?
Isabella Garofali
Fonte: The Economist