La paura della recessione ha fatto il miracolo: è nata una santa alleanza anti-crisi fra Cina, Giappone e Corea del Sud, tre paesi che hanno passato l'ultimo mezzo secolo a guardarsi in cagnesco e diffidare l'uno degli altri. Per la prima volta nella storia, nel weekend si è riunito in Giappone un vertice a tre, con i primi ministri nipponico e cinese e il presidente sucoreano. All'ordine del giorno, la concertazione delle manovre pubbliche dei tre paesi per sostenere la crescita.
Nessuna decisione concreta è stata presa che possa assomigliare ad un maxipiano asiatico (non c'era da aspettarselo). Tuttavia il summit ha sancito un accordo che invece è di una concretezza immediata: una rete di currency swaps fra le tre banche centrali che crea un dispositivo di mutuo soccorso. E' un passo importante. Dietro si intravvede il timore che questa crisi globale possa mettere in serie difficoltà l'anello più debole della neonata triplice alleanza: la Corea del Sud già da settimane subisce attacchi speculativi contro la sua moneta nazionale, fughe di capitali e svalutazioni. Né Pechino né Tokyo hanno interesse a stare alla finestra se affonda la Corea del Sud, importante partner commerciale e nona potenza industriale del pianeta. Gli accordi di currency swaps sono quindi, anzitutto, un messaggio forte lanciato ai mercati: dietro alla Corea del Sud ora ci sono le due banche centrali più ricche del pianeta. La cinese e la giapponese insieme "pesano" per più di 3.000 miliardi di riserve valutarie. Adesso quelle risorse possono essere mobilitate istantaneamente per interventi di sostegno della moneta sudcoreana.
Un altro miracolo politico è stato, se non provocato, almeno accelerato dai timori della crisi. Questo riguarda le relazioni fra la Cina continentale e Taiwan. Da oggi partono alla grande i collegamenti diretti con l'isola: 16 voli passeggeri nonstop al giorno; via libera anche al primo collegamento nonstop per i voli cargo, da Guangzhou (Canton) a Taipei; inaugurazione di rotte dirette per la navigazione mercantile fra 63 porti della Repubblica navale e 11 a Taiwan; lancio del servizio di recapito postale diretto. Prima per ragioni politiche la maggior parte dei collegamenti dovevano transitare da "zone terze", in particolare Hong Kong (che appartiene alla Cina ma ha lo statuto di Regione amministrativa speciale con molte diversità e privilegi).
Questo balzo in avanti nel disgelo fra Pechino e Taipei è un'evoluzione politica che matura da mesi, per la precisione da quando gli elettori taiwanesi hanno scelto un presidente meno apertamente indipendentista. Tuttavia la crisi economica ha fatto la sua parte. I dirigenti politici sulle due sponde dello Stretto hanno capito che in una fase come questa tutto ciò che può dare slancio al commercio estero e agli investimenti internazionali è manna dal cielo.
(15 dicembre 2008, Federico Rampini, Piazza Asiatica)
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