La recessione bussa alle porte non solo della prima economia mondiale, ma anche della seconda, rafforzando i timori di una recessione su scala globale.
«Appare molto probabile che l'espansione dell'economia giapponese continuata per quasi 70 mesi a partire dall'inizio del 2002 sia arrivata al termine e che ormai l'economia sia entrata in recessione», afferma un rapporto della Goldman Sachs pubblicato venerdì, che ha contribuito a spingere in ribasso l'indice Nikkei della Borsa di Tokyo di quasi il 4% (-3,97% a 13.087,91 punti). Secondo l'economista della banca d'affari americana Tetsufumi Yamakawa, la colpa non è tanto degli effetti della crisi subprime Usa, ma di fattori interni come il crollo dell'attività edilizia (legato all'introduzione di norme più rigide) e il ristagno dei consumi. E dai consumatori non potrà arrivare una spinta che compensi il rallentamento dell'export già evidenziatosi in dicembre soprattutto verso gli States, ma anche in direzione di altri mercati che cominciano a soffrire per la frenata americana.
Finora il governo del premier Fukuda non ha fatto né promesso niente di particolare per sostenere l'economia. Ma larghi settori del partito di governo (il liberaldemocratico) hanno già cominciato a invocare che la Banca centrale torni ala politica dei tassi zero (anche per frenare l'ascesa dello yen) e a suggerire interventi sul piano fiscale (riduzione delle imposte su dividendi e capital gain). La Banca del Giappone ha confermato settimana scorsa ai tassi allo 0,5% e ridotto le stima di crescita del Pil nell'anno fiscale che si chiude a marzo intorno all'1 per cento.
L'attesa è per il vertice finanziario del G-7 che si terrà a Tokyo il prossimo 7 febbraio: secondo le anticipazioni, Tokyo dovrebbe premere affinché venga affermata la necessità di contrastare in modo collettivo i venti di recessione. E quindi perché nessuno abbia poi a obiettare se la Banca centrale nipponica dovesse tornare alla anomala politica ultra-espansiva dei tassi zero.
Stefano Carrer - il Sole 24 Ore
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